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lunedì 7 maggio 2012

Claudio Baglioni scrive su Facebook il 07.05.2012


http://www.facebook.com/claudiobaglioniofficial
I giorni cominciano e finiscono
tutti allo stesso modo.
È in mezzo che cambiano,
che si distinguono uno dall'altro.
La scorsa domenica passava sbiadita
vestita di grigio uniforme.
Gli uomini avevano smesso
per qualche ora del giorno festivo
le loro divise d'impiego al lavoro.
I soldatini riposavano,
ognuno a suo modo,
dalle battaglie di sempre.
La guerra moderna e nascosta
senz'armi e bombardamenti
che generali in giacca e cravatta
combattono asserragliati
dietro scrivanie e computer
a colpi di mercati e speculazioni.
E così i soldatini cadono sparati
senza neanche sapere il nemico.
I cecchini del conflitto globale
si annidano ovunque
e prendono la mira
anche da molto lontano.
Il generale inverno
con le sue truppe fantasma
è di nuovo fuggito
come gli succede ogni anno.
Maggio è arrivato
con il più rapido dei suoi partigiani.
Infatti lo chiamano Primo
ma l'han visto un po' stanco e invecchiato.
Un tempo c'era una festa che non sai.
Anche oggi la fanno
ma non è più la stessa.
Festa del Lavoro che manca,
di chi troppo spesso ci muore
e di chi non ce l'ha.
Un lavoro non è solo sostentamento.
È riscatto, cultura e realizzazione.
È un patto, avventura e soddisfazione.
Ci fondarono questa repubblica.
Mio zio il primo maggio
metteva all'occhiello un garofano rosso.
Un socialista ostinato ma vero.
Di fede e di fatto.
Tutta una vita da contadino
(da bambino credevo che lo chiamassero Dino come diminutivo, per quello) s'era infine spostato in paese prendendo, con i pochi risparmi un baretto osteria.
Stazionava tutto il giorno
col cappello calcato,
appoggiato all'ingresso
e offriva da bere ai clienti
e ai passanti che invitava ad entrare.
'Per pagare e morire c'è sempre tempo.
Me li dai la prossima volta'.
Morì poco tempo più avanti.
Cirrosi epatica da bravo beone
a forza di brindisi e aperitivi.
Ma da beato e senza rodersi il fegato
per le altre cose.
I soldi spariti dalle saccocce
ma un sacco di amici in cordoglio.
Per quel socialista di fede e di fatto.
Mio padre invece fu dapprima monarchico
perché i Carabinieri erano fedeli al re.
Poi restò monarchico pure quando il re non ci fu più.
Quanto sembra lontano
quel tempo di coerenza e onestà.
Su una cosa sola papà cambiò idea.
Cacciatore da giovane
come quasi tutti in campagna,
da uomo maturo
abiurò quella pratica assurda.
Diceva che i fucilatori sono repressi.
Tirano a qualcosa che va più veloce o più in alto oppure è più forte.
La prevalenza degli esseri umani
su tutto il restante
chi l'ha decisa?
Una notizia di giorni fa
diceva di un centro di vivisezione di cani in cui veniva vietato l'ingresso ai cronisti per evitare uno stress ai poveri beagle.
Sperimentazione animale
la chiamano.
Curioso come basti trovare
un nome azzeccato
e tutto appare diverso.
Questo è il pericolo delle parole,
delle astute definizioni,
del pettegolezzo imperante,
dell'informazione cialtrona.
O tempora o mores.
Mala tempora currunt.
Forse ogni epoca ha avuto il suo bel da fare.
La storia ripete il suo canovaccio.
Però quanta infame desolazione
c'è nelle cronache che ci raccontano.
Quanto inutile gossip
dietro ai suoni stonati
di pifferi senza magia.
Sono solo miseri spifferi.
Non vènti di liberazione e di libertà.
Quanti deprecabili sprechi
di risorse e di sane energie.
Invece di una buona e corretta amministrazione.
Quanti esempi sbagliati.
Scempi di verità e del bene comune.
Al posto di insegnamenti e sapiente saggezza.
Perché ha vinto l'ignoranza sulla conoscenza?
Il pensiero cinico sul senso civico?
Il diritto al menefreghismo
sul dovere della responsabilità?
Già un bel po' di anni fa
scherzavo - ma non troppo -
con toni da frate predicatore
(è un destino, lo so)
sul prepararci a un'era dei limiti.
Avevamo vissuto oltre le possibilità.
Cantato a lungo e a squarciagola
note acute, troppo alte e difficili
del pentagramma del vivere facile.
Come si usa dire,
sopra le righe.
E non solamente di soldi.
Ma anche di gesti, di fatti, di vuoti ideali.
I danni sono tremendi.
Non quantificabili.
La classe dirigente,
politica e gestionale,
è colpevole.
Senza attenuanti generiche.
Eppure non vuole ammetterlo.
Eppure non sa farne ammenda.
Eppure non molla.
Si traveste, si cela, si adatta.
Capace di rigenerarsi in altre forme
e in prossime mode.
Il momento è durissimo.
E bisogna sapere distinguere.
I disastri risalgono agli anni passati.
Chi c'è adesso, chi verrà
dovrà governare crepe e macerie
provocate da altri.
È ingiusto addossargli la croce.
Mi viene alla mente
il pedone davanti alle strisce
che, povero,
tenta di attraversare la strada
nello sfrecciare imperterrito di automobili senza pietà.
Finalmente una si blocca
per lasciarlo passare
e lui finisce col prendersela
a insulti e gestacci
proprio con l'unico autista che s'è fermato, che gli è a portata di voce, emblema di tutta la categoria.
Il solo che ha voluto portagli un aiuto.
E occorre rinascere con cuore e coraggio.
Il nuovo non è sempre la cosa migliore.
Però non ci sono tanti altri numeri su cui puntare.
Anche questa primavera ci ha illuso un po' presto ma non potrà tardare ancora per molto.
E per cambiare stagione
devi cambiare pure il tuo armadio.
Ciascuno è immagine o specchio
di ciò che riflette
o di quello a cui si mette di fronte.
Siamo il risultato del calco del nostro modello.
Identificabili per collimazione
seguendo latitudine e longitudine
dei punti di riferimento.
Se in qualche occasione
ti riconosci in quello che sono
prego il cielo che tu non abbia mai modo di vergognarti di me.
E che io possa sempre andar fiero
di questo e di te.
D'altronde se a volte,
con pelosa ironia,
mi si dà del Divo e Divino,
è un cómpito quasi scontato.
Dicevo sogghignando,
tra me stesso e me solo,
Va Bene: io mi prendo di/vino
visto che qualcun altro
ultimamente ha preso d'aceto.
Il paesaggio di sotto e di sopra
è in preda alle nuvole.
È di nuovo domenica.
Finestre imperlate di pioggia.
Migliaia di gocce rimaste sui vetri
tenacemente attaccate
con il loro piccolo carico d'acqua.
Minuscole lenti a fare da schermo
agli occhi di quel che c'è fuori.
Lo sguardo si fa compagnia
con quell'universo di fragili mondi.
Umide pietre di cielo.
Le lacrime di tutti.
Arriva un'altra sera.
Se un intero giorno non tramonta
e non passa la notte
non ci sarà un'alba nuova.
Non maledire l'oscurità
ma accendi una candela.
Io ho fede in te
perché chi crede
non chiede perché.

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