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venerdì 3 gennaio 2014

INTERVISTA BAGLIONI REPUBBLICA DEL 3 GENNAIO 2014

DALLA canzone Porta Portese
in poi, Claudio Baglioni è
logicamente associato alla
sua città, Roma. Eppure ha un legame
con Milano fortissimo: il record
di presenze a San Siro (81mila
nel 1998) e concerti comunque
sempre pienissimi, come quelli
agli Arcimboldi dello scorso gennaio
e i tre che iniziano oggi sempre
al teatro della Bicocca. «Non
solo. Pochi sanno che da qui è partita
la mia avventura di musicista.
Feci un provino alla Ricordi che
non ero neppure maggiorenne.
Un disastro totale che mi lasciò
una voglia di rivincita e riscatto
così forte che fu la molla per far
partire tutto. Milano è la città del
fare, il posto ideale per dare concretezza
a progetti e idee. E anche
l’ultimo disco, ConVoi, è stato interamente
lavorato a pochi passi
da qui».
Porterà ConVoi al Forum il 6 e
7 maggio. Ma ora parliamo del
progetto di oggi, Dieci Dita, lo
stesso del 2013.
«Come allora sarò solo sul palco
con piano e chitarra: autore, interprete/
esecutore e narratore.
Però ho cercato di rendere ancor
più evidente la dimensione di incontro
ravvicinato. E non intendo
solo il dialogo con gli aneddoti sulla
mia storia o la mia discesa in platea
per cantare in mezzo al pubblico.
Ci sarà un inedito e divertente
momento di dediche a braccio
in cui cercherò compagni di
palco così temerari da interpretare
con me alcune canzoni che
cambiano ogni sera».
Certo, per lei la scaletta è difficile,
col repertorio che ha.
«Molto. Ho scritto centinaia di
canzoni, e molte ben oltre i canonici
tre minuti di durata dei brani
pop. Per cui pur se i miei concerti
non durano mai meno di tre ore (e
Dieci Dita non fa eccezione), è fisicamente
impossibile eseguire
più di 25-30 canzoni. Io cerco di
venire incontro a tutti, ma a fine
serata spesso qualcuno mi dice
che non ho fatto questa o quella
canzone. E io mi sento così in colpa
che mi verrebbe quasi voglia di
fargliela lì su due piedi. Ma è meglio
lasciarsi con il desiderio di ritrovarsi,
più che con l’idea di essersi
detto e dato tutto».
Lei da 10 anni è architetto. Da
tecnico ci descrive gli Arcimboldi?
«Uno spazio di grande atmosfera,
che unisce il pregio di una
struttura moderna e innovativa
con l’atmosfera di un teatro di tradizione.
Uno spazio ideale per serate
nelle quali si vuole puntare
tutto sulla qualità, l’intensità e la
profondità delle emozioni. La
canzone è una forma d’arte piccola
e breve che spesso tendiamo ad
ascoltare distrattamente, in sottofondo,
mentre siamo impegnati
a fare altro. È un errore. Dobbiamo
assaporarla, gustarla e com-prenderla meglio. Come un bicchiere
di vino: un conto è buttarlo
giù distrattamente, tutt’altro è annusarlo,
lasciarlo riposare qualche
secondo nel palato e berlo, cogliendone
al meglio le qualità. Gli
Arcimboldi aiutano a gustare le
canzoni come se fossero un buon
vino».
E San Siro? Ci tornerà, prima o
poi?
«La voglia dei grandi spazi non
passa mai. Ho fatto due tour
straordinari nei grandi stadi, nel
1998 e nel 2003, sono stato il primo
a utilizzare il terreno di gioco come
spazio-palco e a disporre il
pubblico su tutte le gradinate intorno
a me. Il richiamo di quelle
esperienze è fortissimo e nella
pentola delle idee c’è sempre
qualcosa che bolle a riguardo. Ma
adesso penso a Dieci Dita e Con-
Voi».
Ci racconta già qualcosa dei
concerti di ConVoi?
«Sarà un tour sorprendente, e
siccome deve sorprendere non
anticipo nulla. Dico solo che sarà
un concerto-concerto, nella grande
tradizione dei live anni ‘70 e che
la musica tornerà di prepotenza a
occupare il centro della scena,
con tutta la carica di energia e di
capacità di caricare, emozionare e
far sognare che solo la musica ha.
Sarà lei il cuore dello show e il vero
effetto speciale: musica, parole,
suoni, interpretazioni si riprenderanno
il posto che gli spetta. Ne
parleremo a primavera».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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