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lunedì 22 settembre 2014

RACCONTO BAGLIONI AD ASTI IL 19 SETTEMBRE 2014

http://www.lanuovaprovincia.it/stories/musica/29327_baglioni_strada_facendo_un_pezzo_irrinunciabile/#.VCKsfjxxMYU.facebook
E' un pubblico eterogeneo quello di Claudio Baglioni. Ne sono prova le decine e decine di fan di età diversa che lo hanno atteso in coda venerdì scorso alla Douja d'Or. Il celebre cantante ha chiuso il ciclo di incontri firmato "Collisioni", Festival che, in collaborazione con il Salone enologico, ha portato in Douja personaggi molto noti dello spettacolo e della cultura, da Max Pezzali a Paolo Crepet, da Carlo Cracco ad Enrico Ruggeri. Tutti incontri che hanno registrato il tutto esaurito in termini di presenze.

Prima che il cantautore incominciasse il dialogo con il giornalista Ernesto Assante, sono state predisposte misure di sicurezza a dir poco rigide e in parte anche restrittive per chi, come noi, lavorava per documentare l'evento: vietati i fotografi e le domande dei giornalisti, con lo staff del cantante che controllava con attenzione tutti gli angoli dello spazio incontri. Quando finalmente Claudio Baglioni è salito sul palco è stato accolto dall'entusiasmo dei fan che, in quello spazio, è parso ancora più amplificato. Un dialogo piacevole che è partito dalle origini, da un Claudio Baglioni inaspettatamente beat che si ritrova qualche anno più tardi, dopo una discussione con il paroliere del gruppo, a scrivere canzoni «senza avere scritto prima nemmeno un bigliettino in vita mia».

Baglioni ha ricordato che una delle prime canzoni che scrisse fu un adattamento in musica di un'opera di Edgar Allan Poe, lo scrittore considerato uno dei maggiori rappresentanti del racconto gotico. Da questi toni scuri arrivò poi a scrivere "Questo piccolo grande amore" nel 1972, che da molti viene considerata l'opera prima, quella che lo consacra al successo. Del suo rapporto con questa canzone Baglioni sorridendo ha detto: «A volte è stata anche un cruccio per me. Una volta la suonai riarrangiata e "ripensata" a Palermo e una signora visibilmente contrariata mi disse che non potevo permettermi di trattare quella canzone in quel modo perché apparteneva ormai a tutti». Baglioni cantautore: una qualifica che certa critica proprio non voleva attribuirgli, ricorda Assante, e Baglioni ironicamente ha risposto che «ad un certo momento li vestivano tutti da cantautori perché dovevano essere così: è un Paese strano il nostro».

Sull'onda dell'ironia ha continuato raccontando del suo essere affascinato dalle voci popolari e della sua voce, che coniuga la modernità del cantautore alla tradizione tipica della sua vocalità. «Sono affascinato anche dagli stornellatori», ha aggiunto, e così dicendo ha offerto al pubblico una lezione di stornello, canticchiando le varie parti che lo compongono, suscitando molti applausi. Applausi ancora più fragorosi quando Baglioni ha detto quali sono per lui i pezzi irrinunciabili: "Strada facendo" e "La vita è adesso": per ogni titolo è scattato un fragoroso applauso.

Il rapporto di un cantautore con le sue canzoni è sempre argomento interessante e in questo raccontare, Baglioni si lascia sfuggire che gli piacerebbe molto «fare un concerto con le canzoni che ha cantato meno, ma l'ossequio al pubblico», ovvero suonare i pezzi che quest'ultimo ama, «è importantissimo». Oltre a suonare Baglioni legge: gli piacciono i romanzi russi, ma lo spaventano i libri troppo lunghi, così come per i film, ne teme la lunghezza eccessiva e racconta che, quando è andato a vedere Baaria di Tornatore, pensava: «Questo film non finisce mai!» e ancora ridendo: «Probabilmente anche io faccio concerti troppo lunghi!».

Come molti sanno Claudio Baglioni è romano, e durante la serata ha parlato anche del rapporto con la sua città, dicendo: «Roma è la città in cui io amo meno cantare, forse perché conosco molte persone e sento più la pressione. Ma negli anni, attraverso i tour, ho un po' smarrito la sensazione di appartenenza». Un cantautore del suo calibro può avere molto, certo, ma può perdere anche qualcosa durante il percorso. A questo interrogativo di Assante, Baglioni ha risposto: «Ho perso gli amici di quando ero ragazzo, quelli che erano con me prima di diventare personaggio. Si tratta di un rapporto svantaggiato, perché quando ritrovo un amico di gioventù, gli devo fare molte domande sulla sua vita, mentre lui di me sa tutto. Allora anche da qui si intuisce la difficoltà di un rapporto di questo tipo: l'amicizia è un argomento che si perde». Cludio Baglioni a ottobre partirà con il suo tour "Con voi ReTour", la cui prima data sarà a Bruxelles, di cui ha detto: «E' l'ennesima mia rinascita».

Alessia Conti


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«Il titolo di questa manifestazione, “Collisioni”, è interessantissimo, potrebbe significare uno ‘scontro’, ma inteso come uno ‘scontro’ tra due cose in movimento…», afferma Claudio Baglioni, ed è proprio una neurotonica interazione il dialogo-intervista tra il cantautore romano ed Ernesto Assante, giornalista di Repubblica;  la loro serata di ‘chiacchiere in libertà’ chiude la sesta edizione del Festival piemontese a cadenza annuale.

Ospitata nella Douja D’Or, Asti, la rassegna si è svolta in una cinque giorni secondo la sua peculiare formula: alla conoscenza sia di personaggi di spicco del panorama artistico come, per quest’anno, Arisa, Carlo Cracco, Paolo Crepet, Enrico Ruggieri, Claudio Baglioni, sia di eccellenze agricole ed enogastronomiche del territorio.

Se è vero che “il bello sempre all’ultimo”, l’ultima serata del Festival ha dunque vantato Baglioni come ospite d’onore, che tra le domande di Assante e la calorosa partecipazione dei suoi numerosissimi fans (in coda dalle prime ore del mattino per assicurarsi un posto in prima fila, e provenienti da tanta parte dell’Italia, come da Bari, da Napoli), ha ripercorso le tappe della sua carriera d’artista e di “grand’uomo”.

«Quando ero bambino avevo una percezione della vita molto nostalgica, pensavo che sarei passato inosservato… ma aver incontrato per caso tutta questa storia, questa vicenda personale, aver imparato a fare un mestiere pubblico che fondamentalmente non si addice al mio carattere, mi ha fatto capire che la vita è una grande sorpresa, tutto può essere», difatti le sensibilità “nostalgiche” hanno un grosso potenziale, ‘scrivono’ storie i cui risultati sono sempre i più suggestivi e ben riusciti «La ‘roba triste’ è quella che affascina di più il mondo intero, quello che in effetti fa battere il cuore, fa disperare, fa sentire grandi, importanti, tragici, personaggi di chissà quale film strappalacrime, è la forte malinconia… è un genere artistico importante», racconta il cantautore.

P1010429Eppure, spiega Ernesto Assante, c’è stato un periodo in cui Baglioni non veniva considerato un “cantautore”, forse un cantante pop, o un autore pop «Tu, per citare un tuo album, sei “oltre”, sei più di un semplice cantautore, forse un artista? ovvero uno che intende l’arte come modo di comunicare? I cantautori, comunemente detti, innanzitutto vivono per proprio conto, tu invece hai rivoluzionato quello che facevano i cantautori, lo hai abbattuto definitivamente», così il giornalista ricorda, ad esempio, la nascita dell’album “Alè-òò”, un titolo che prese spunto da un’invocazione da stadio con cui il pubblico si rivolse al cantante durante un suo concerto tenutosi negli anni ’80 a Roma, in Piazza di Siena, quel coro partito dai fans e rivolto al loro idolo fu trasformato da Baglioni in una canzone, che divenne così vessillo di un legame di ispirazione reciproca, «Nessuno in Italia, che io ricordi, ha mai fatto uno scambio così efficace!»,continua Assante.

Il rapporto con il pubblico è dunque fondamentale, diventa anche uno stimolo a creare, quindi parte del proprio mondo creativo «Credo che nessuno possa avere un’idea se non esistesse l’esterno. L’unico vero successo è incontrare gli altri…», risponde Baglioni.

Ricordando l’appena trascorso evento ad Ischia, “Piano e Jazz” (LEGGI evento Piano e Jazz), Baglioni racconta il rapporto con le canzoni da ‘reinventare’, «Agli inizi del mio percorso artistico facevo parte di un gruppo rock, anzi, forse più beat che rock, ero quello che riusciva a mettere insieme più cose musicali, iniziai poi a scrivere delle parole. Tra le mie prime incisioni ricordo alcuni adattamenti come una poesia di Edgar Allan Poe, “Annabell Lie”, o “La canzone di Marinella” di De Andrè, poi scrissi “Signora Lia” fino a “Questo piccolo grande amore”. Quest’ultima è sempre stato il mio ‘cruccio’, poichè il primo capolavoro di successo spesso finisce per essere quasi l’unico elemento riconoscibile, così si inizia a cercare soluzioni diverse, si arriva a ‘storpiarlo’ generando il consenso dei ‘progressisti’ o il dissenso dei ‘conservatori’.  Io riscrissi una sorta di melodramma intorno a “Questo piccolo grande amore”…».

P1010432ioA chi pensa che la canzone sia poesia e che i nuovi poeti siano i cantautori, a chi pensa che la canzone sia canzone, Baglioni ‘risponde’ svelando i sistemi interni tra testi e musica, il suo “artigianato”, «Le parole sono una scienza esatta. Non è vero che sono a caso, le parole bisogna andarle a cercare perché è proprio quello il significato che bisogna centrare e non una parola che le somiglia. Io a volte per divincolarmi dal ‘problema’ delle parole, o gioco con le stesse o cerco dei suoni che siano in comune con esse, ad esempio: scrissi il ritornello di una canzone che si chiama “Sono io”, che fa “Con questa faccia che sta sempre là, da parte, con queste braccia, che son qua per te, aperte”, “faccia”, “braccia”, quel “ccia” non fu un caso, ma perché corrispondeva esattamente al suono della batteria che faceva “ccià” uguale […]».

Una canzone di successo è imprescindibile dunque dal rapporto di equilibrio tra testo e musica, ma spesso non prescinde nemmeno dalla lettura, «leggere dà molte idee, la lettura è una cosa che ho praticato tantissimo, soprattutto quando avevo bisogno di più parole a mia disposizione […] Il mio amore letterario, ad ogni modo, è Cesare Pavese», rivela Baglioni.

Tra le tante straordinarie avventure di vita, l’incontro con Ernesto Assante anticipa di qualche settimana la partenza del “Con Voi ReTour”, già tanta l’attesa, i pronostici, le richieste del pubblico circa i brani da scegliere, «Il problema delle scalette –racconta Baglioni- è quello di trovare una lingua comune che soddisfi tutti. A volte mi piacerebbe un concerto dove canto quello che ho cantato di meno o penso debba essere cantato di più, ma un ossequio al pubblico è importantissimo, cantare un repertorio base significa che ti trovi lì perché hai degli elementi vicendevoli di riconoscibilità».

Il “nuovo poeta” tra i tanti pensieri spazia oltretutto da temi come la tecnologia, per lui «importantissima serve molto, anche se forse lascia che si perda un po’ di poesia. Io sono “antico”, mi piace ancora ‘sentire’ la materia, un musicista una volta mi disse “Guarda le partiture, quelle più belle da vedersi sono anche le più belle da suonare”»; all’importanza della cultura «Senza la cultura, la fantasia degli altri, la follia… non esisterebbe ‘l’essere artistico’»; al rapporto con la sua città, Roma, «Cantare a Roma mi imbarazza, sono molte più le persone che conosco, sembra che si debba far ‘di più’. Poi il pubblico romano è molto smaliziato. Ricordo un cameraman romano che doveva occuparsi delle riprese in occasione di una diretta televisiva Rai con Papa Wojtyla,  si rivolse al Papa dicendogli “Santità, il bianco spara!”, era troppo luminoso per le telecamere!».

Sulla scia dell’ironia Baglioni conclude recitando e raccontando uno stornello romano, genere non nuovo al suo interesse se si considera “Ninna nanna nanna ninna”, canzone ispirata ad una poesia ‘antimilitarista’ di Trilussa.

Progetti per il futuro? Se “Questo piccolo grande amore” è considerata la “canzone del secolo”, che questo nuovo secolo sia la culla di un suo nuovo capolavoro! D’altronde l’entusiasmo di Baglioni è qualcosa di autentico, e come tutte le cose originali non termina né muta, «“Suonare” in molte lingue si dice “giocare”… dopo tanti anni sono ancora molto felice di questo mestiere!».

[di Redazione]

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