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giovedì 30 ottobre 2014

PAOLA MASSARI RICORDA E RACCONTA L'ALBUM E TU COME STAI?

Château d'Herouville anno 1978
Ci sono, nella vita, avventure minimali e parallele ad accompagnare le storie maggiori.
Sono scampoli di piccole verità, anelli di congiunzione, trame sottili e intermedie che intessono il racconto di ognuno.
Che restano confinate nella loro minuta dimensione. Preziosa così come pure gli atomi, che son parte dell'immenso.
Quanto, e come sa, il ricordo, rivendicare se stesso, quando il tempo gl'infligge l'offesa ingenerosa della dimenticanza.
Quando il trionfo stentato di un frammento di vissuto riecheggia d'orgogli taciuti, reclamando più forte il suo diritto e il suo spazio.
Graffiando noncurante il cuore nei suoi angoli occulti.
Cosa, se non la dolcezza di una minuscola impronta vitale e sensibile, sa maggiormente farsi spazio e sgomitare fra la confusione di tempo e avventure, fotografie e dimenticanze per dire io ci sono, sono qui.
Cosa più di una foto sbiadita da un presente distratto, sa far rimbalzare intatto il ricordo di un tempo perduto?

Approdai a quel fascinoso maniero dopo un'avventura a dir poco perigliosa fatta di un viaggio con un grosso furgone Ford Transit, passo lungo, assieme ai due pastori tedeschi, guidato da me e da un amico collaboratore.
A 100 chilomentri da Roma le prime avvisaglie di un guasto che ci vide approdare al confine francese a tarda sera, dopo oltre 10 ore di viaggio a non più di 70 chilometri di velocità. O di lentezza.
Era l'inizio di un autunno, ancora generoso di tepore. Orchestrato dagli echi di un'estate recente, tenacemente appiccicata alla pelle e i pensieri.
Non della stessa mitezza fu la notte sferzata da un vento gelido, spesa in un parcheggio di fortuna, dove passammo un tempo insidiato dal grande freddo che ci colse impreparati, senza vestiti adeguati e null'altro per coprirci.
Aspettammo che al mattino si alzasse la saracinesca di un'officina, dove un meccanico volenteroso mise mano al motore fuso del nostro lungo furgone.
Passeggiammo quell'attesa con i cani, per le strade di un paese delizioso già capace di parlare un'altra lingua, nella sola inclinazione dei tetti, nei piccoli giardini ordinati e gentili, nella delicatezza di minuti fiori provenzali, nelle curve dolci di strade e cancelletti stranieri, nel profumo sfacciato di croissant inzuppati di burro e laccati di vaniglia.
Il resto del giorno, fino a notte fonda, fu un lungo tedioso viaggio su strade sempre uguali, e mai finite.
Un susseguirsi di scadenze che si assommavano ora dopo ora, nella scommessa di un arrivo che tardava a farsi vero.
Arrivammo al castello a  notte fonda.
Nessuno si accorse di noi, nel profondo silenzio del sonno di ognuno.
Era il tempo in cui prendeva vita un'opera che aveva visto sviluppare la sua storia, come embrione nel ventre materno, fra Roma e sulle rive di un lago incastrato fra rocce pallide e abetaie sconfinate.
"E tu come stai", era il suo nome.
Quel maniero, l'oasi incaricata di proteggere ed accompagnare fino alla luce canzoni belle come diamanti tagliati in mille spigoli di magia.
Inciampo adesso nell'immagine di quello stesso luogo, umiliato oggi di solitudine e abbandono.
Messo in vendita assieme alla sua storia.
Potrà, chi ne calcherà i corridoi e le grandi stanze morbide di silenzi antichi, afferrare ancora nell'aria le note soavi dei "Giorni di neve", l'eco distante di sirene di navi immaginate ed offerte ad un "più di tutto, più…", la parola fine in quel bar che annuncia ai "signori: Si chiude". L'infinito respiro ancora vivo di " Loro sono là".
Palpiterà ancora d'infinito struggimento, "E tu come stai", nell'ostinata pretesa di un finale diverso da un addio senza appelli?
Sentirà, chi saprà rubare un attimo alla distrazione, che Ancora la pioggia cadrà, vive sempre nel suo profondo dolente epilogo senza speranza, ma ancora capace di spezzare le corde dell'indifferenza per ogni vita affidata alle onde di un mare cupo?
Così, proprio così, trova spazio la celebrazione di un tempo immortale.
Così l'arte annuncia se stessa e la sua meritata pretesa di eternità.
Perché immortale è l'Arte e tutto ciò che da essa viene lambito.
Nelle linee severe ed orgogliose di quella pietra scura, vigila la sentinella della storia, e della sua dignità.
Per voi, questo mio ricordo...

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