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mercoledì 14 agosto 2013

INTERVISTA A REPUBBLICA DI CLAUDIO BAGLIONI DEL 14 AGOSTO 2013

ROMA - Ci ha messo dieci anni prima di rimettersi totalmente in gioco. Dieci anni in cui non è stato fermo, in realtà; in cui ha avuto tempo e modo di rileggere e interpretare la sua storia, quella della canzone italiana, quella dei suoi successi, anni in cui ha fatto concerti, progetti, tour e molte altre cose ancora. Poi, a un certo punto, Claudio Baglioni ha iniziato a pensare che le cose non potessero più andare avanti così, che non era più il momento di guardare solo indietro ma che si poteva, ancora, con coraggio, guardare avanti. Ed è iniziato il progetto Con Voi. Che non è ancora un album ma, per il momento, sette diverse canzoni, uscite una alla volta da maggio ad oggi, scritte "in diretta" e pubblicate on line subito dopo, un "work in progress" che dovrebbe, potrebbe, porterà alla realizzazione del suo primo album di canzoni nuove a dieci anni di distanza dall'ultimo. "Negli ultimi due anni ho iniziato a scrivere senza registrare nulla - dice Baglioni - ho scritto tanta di quella roba che a un certo punto ho pensato di essere soffocato da me stesso. E ho detto basta, ho deciso che dovevo vivere il mio lavoro senza curarmi del prima o del dopo ma del durante, vivere la contemporaneità"
Che vuol dire?
"Il mondo della musica è stato rivoluzionato, la gente ascolta musica in maniera frammentata, usa le playlist, in cui c'è la frantumazione dell'idea dell'album, mentre quelli come me appartengono all'epopea del disco, motore centrale della nostra attività. Lo sanno tutti, il disco è superato, come concetto e come supporto, vive una crisi molto grave e mi sono detto che era arrivato il momento di ribaltare tutto e provare a presentare la mia musica man mano che la scrivevo e realizzavo, come con i vecchi 45 giri, con appuntamenti più frequenti. Ho iniziato dalla seconda metà di maggio e ancora non so come finirà. Quelli che sto pubblicando non sono brani scritti precedentemente e poi venduti a dispense, a rate, sono brani che io termino pochi giorni prima di metterli on line". 

Perché sono passati dieci anni dall'ultimo album di inediti?
"Potrei semplicemente dire che ho fatto un sacco di altre cose nel frattempo. Ma non è solo quello. Ho rimandato l'appuntamento con un nuovo album perché lo sentivo avvilente. Oggi tutto si consuma nel giro di un mese e mezzo, non si da più tempo alle cose per ascoltarle e gustarle. E poi capita troppo spesso che nel disco si mette dentro roba come si mette il polistirolo per riempire la scatola. Invece questo progetto è un acquisizione di tempo, sto di nuovo facendo questo lavoro come credo vada fatto. Ogni giorno vado a letto e mi sveglio la mattina con il pensiero di scrivere e suonare. Come un artigiano, devo fare la scultura, il ferro battuto. Sentivo di essermi trasformato in un manager della mia attività e non più in quello che con le canzoni ci piange, ci vive, ci soffre. Che è il privilegio di questo lavoro, qualcosa che ti strappa il cuore, le budella ma ti fa vivere dalla mattina alla sera". 

Ha trovato subito sostegno per questa sua idea?
"Sono stato molto sconsigliato, ho trovato più "sconsigli" che altro, ho dovuto mettere d'accordo i miei partner, chiedere permessi ed aiuto. Ma l'ho fatto assolutamente per me, confidando con un pizzico di presunzione di poter proporre un brano alla volta, e ogni volta, come un saltatore in alto, mettere l'asticella un po' più su. Ma pensavo fosse necessario". 

Il mercato della musica ha bisogno di idee nuove.
"Per sopravvivere, per crescere, per cambiare, il mercato della musica deve darsi un metodo, che non può essere quello dei talent show, in cui gli interpreti vengono allevati in batteria e ogni anno bisogna trovarne per forza uno per il pubblico televisivo. Non è facile, ovviamente, la musica popolare è da fanteria, si rivolge a pubblici più allargati, non cerca le nicchie. Ma non è questione di numeri, ma di sostanza. Popolare è cercare qualcosa che non sia solo facile, volgare e scontato, ma da fare a mano e con il cuore, trovare un emozione. E per far questo ci vuole uno stato di grazia, che si può trovare se ci si libera da alcune regole. C'è un universo di regole e regolette che sono cresciute per convenzione commerciale, che il digitale sta abbattendo con grande velocità". 
Certo, tentare un simile progetto in un momento di crisi come questo è una bella scommessa.
"La crisi? La situazione è persino peggio di quello che crediamo, ma questo che vuol dire? Che ci dobbiamo sparare? Noi siamo degli anarco-mammoni, vogliamo fare come ci pare e poi qualcuno deve tirarci fuori dai guai. È vero che la crisi è grave, che abbiamo una classe politica terribile, la più bassa dal dopoguerra, è vero che il mondo ha un sistema sbagliato, che ci sono miliardi di ingiustizie, è vero che l'economia la governano cento persone in tutto. È terribile andare a lavorare e vedere attorno a te solo gente che ti dice che è tutto inutile, che l'importante è non perdere. Io provo, nel mio piccolissimo, nel poco che posso, a ribellarmi a questa agonia continua, a provare a fare una cosa diversa". 

E quando l'adrenalina di questo progetto finirà cosa accadrà?
"Solo cose belle spero. Io un impegno, un patto l'ho fatto, pubblico le canzoni, lascio che la gente le commenti, le condivida, cercando di ridare valore a ogni singola nota, parola, strumento. E ad ottobre, dal 10, trasformo Con Voi in Convoi e vado in tour. È un'avventura pazzesca, fatta di vecchio e nuovo, della paura di non riuscire a scrivere altre canzoni nuove, con la voglia di ricominciare a soffrire per la musica, con la voglia di non fare più la commemorazione del passato ma vivere completamente l'oggi". 

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